Informazione musicale e stile di vita
La ricerca strategica della felicità si basa sui sentimenti, proprio come una ricerca spontanea. Senza sentimenti non ci sarebbero motivazioni. L’esperienza del dolore e della paura, e la tensione verso i desideri hanno portato i sentimenti, buoni o cattivi, a condizionare l’intelletto, e quindi il comportamento, creando nuove modalità di regolazione della vita.
L’alleanza tra sentimento, intelletto e volontà ha formato un potente strumento d’azione che ha permesso all’uomo di tentare di applicare una strategia di vita gratificante attraverso i mezzi culturali, piuttosto che rimanere solo intrappolato dai suoi stessi strumenti biologici, in dote dalla natura, cioè gli istinti di base. Come e perché sono sorte le culture? Come si spiega lo sviluppo di intuizioni e idee che formano strumenti e funzioni quali le arti, la filosofia, le regole morali, le fedi religiose, la giustizia, l’economia, la tecnologia e la scienza? La risposta è da attribuire a funzioni che specificano e distinguono l’essere umano; intelligenza, intuizione, trascendenza, volontà, linguaggio, socialità. È una ragionevole spiegazione, che si fonda anche sul ruolo che sentimenti ed emozioni svolgono nel motivare le azioni individuali e collettive e che contribuiscono a dare origine alle culture. Ma se la cultura è caratteristica peculiare solo dell’uomo, in quanto, data la sua complessità, rivela l’uomo “creatura evoluta”, cioè una identità dotata di intelligenza, per contro – solo apparente – i sentimenti traggono la loro proprietà grazie ad un principio di regolazione della vita, la relazione continua che il nostro corpo ha con l’ambiente circostante, i cui stimoli primari permettono ad ogni organismo biologico di sopravvivere e procreare.
Purtroppo, la dualità cartesiana, per come è stata interpretata e strumentalizzata, separando la mente da corpo ha provocato solo una contraddizione di senso i cui effetti sono visibili ancor oggi. Siamo tutti figli della storia, quella storia fatta di uomini, quindi sia di verità che di contraddizioni, giusto per parlare della complessità e della facilità di manipolazione della cultura. Oggi, per come stiamo vivendo questo anno particolare, il fatto di esistere implica necessariamente il dato biologico, cioè il possedere un corpo organico, e quindi anche valutare il fatto che è il corpo biologico che garantisce la conformità alla natura, quindi la sopravvivenza.
Sentimenti ed emozioni non sono eventi isolati ma sono frutto dell’interazione tra i vari sistemi biologici e fisiologici presenti all’interno formano lo strumento che permette l’azione storica esistenziale. L’uomo è un ente sociale che si evidenzia attraverso l’azione in prassi storica. Va da sé che se uno riconosce questa valenza sia in positivo che in negativo, allora ha senso porre la musica oltre che come problema tecnico, storico, estetico anche come problema etico. Come criterio di indagine ho proposto di osservare come la musica agisce sulle nostre emozioni, sensazioni, fantasie e quanto altro, del momento.
Questa “tappezzeria musicale” si fonde con il nostro stesso concetto di esistenza, e in modo subdolo invia messaggi e stimoli che agiscono sui centri responsabili di taluni schemi fissi d’azione, cioè si attiva automaticamente una memoria comportamentale al sorgere di precisi segnali. La musica si appropria della nostra vita privata, la troviamo dappertutto, sin nelle pareti domestiche e, divenendo compagna usuale e quotidiana, ci bombarda di messaggi di cui quasi mai abbiamo coscienza. La musica infatti è un linguaggio dotato di intenzionalità e costruito secondo precise regole grammaticali.
Possiamo pensare che tutto questo non abbia alcun effetto su di noi e quindi considerare che qualsiasi fonte sonora sia sana, sia buona o compatibile con il nostro organismo e quindi faccia bene? Ha un senso parlare di etica in riferimento alla musica? Un brano musicale rappresenta sempre l’intenzione dell’autore, esso appare come una successione gradevole o sgradevole di suoni che non veicolano messaggi, se non quelli dell’immediata risonanza emotiva che come abbiamo visto nasce dal nostro corpo.
Sono numerosi i testi che ridefiniscono il concetto di musica alla luce di quanto l’etnomusicologia ha scoperto sulle pratiche musicali delle culture extraeuropee, oppure che considerano la musica come fenomeno rivelatore della propria epoca, quindi un ‘mezzo’ o informazione capace di fissare avvenimenti sociali e politici, alla stregua di un paesaggio sonoro. Questa informazione comportamentale non è attinente alla natura dell’uomo, ma deriva dal condizionamento culturale. In tal senso l’immagine musicale, per il solo fatto di esistere in un contesto sociale, veicola continuamente messaggi extramusicali che “intenzionano”. Quindi occorre considerare la musica come qualsiasi altra informazione, al pari di libri, film, video, ideologie etc. Una informazione che fa comunicazione soprattutto corporea e quindi emotiva.
Per poter accedere ad una propria soggettività, intesa come presa di coscienza, all’interno di questo bombardamento mediatico musicale, ci sono delle tecniche pratiche che agiscono sul corpo inteso come “mediatore di senso”. All’interno di una relazione che coinvolge due sistemi informatici interagenti quali sono l’uomo ed il suo ambiente prossimo, la risultante o vettore operativo che prevale è solo l’informazione più organizzata, quindi il più organizzato organizza il meno organizzato.
L’essere in balia degli eventi, soprattutto di quelli che non possiamo vedere o sapere ci rende passivi, succubi di qualsiasi informazione mediatica. Come fare per capire la gestione della propria esistenza? Una prima valutazione la si può già fare partendo dal proprio corpo. Abbiamo posto l’attenzione sul criterio del nostro corpo come base per fare una presa di coscienza basata sempre su una percezione di piacere o di fastidio, in quanto il processo percettivo segue sempre la logica biologica del rapporto metabolico: funzionale o regressivo nel qui e adesso della relazione di me in ambiente. Questo criterio trova il suo fondamento nel cosiddetto “secondo cervello” o “cervello viscerale” in quanto è questo il primo rilevatore dell’informazione ambientale. Questa parte del nostro corpo reagisce sempre in modo funzionale ed economico in quanto al suo interno ci sono sistemi neuronici predisposti a funzioni superiori, quindi il fatto di cogliere in modo prioritario l’informazione ambientale dipende dalle caratteristiche intrinseche all’organo in quanto funzioni specializzate.
La scoperta del cervello viscerale o secondo cervello come sede “indipendente” di integrazione ed elaborazione neurale dell’informazione ambientale costituisce una importante possibilità di conoscenza per iniziare una propria educazione alla salute. Gli studi fatti in merito, portano a considerare l’intestino come parte integrante del sistema psico-fisico dell’uomo, sempre connesso con tutte le parti del corpo. L’attenzione costante e cosciente della percezione viscerale in risonanza alla globalità sensoriale ci permette di cogliere l’informazione dominante, quindi la reazione dell’intestino è già di per sé un campanello di allarme per poter capire. Questo perché il cervello viscerotonico è la prima fenomenologia più fisica ed emozionale del nostro criterio di natura, il che significa che la fedeltà dell’informazione è determinante per attuare qualsiasi implicazione di coscienza.