Relazione Uomo, animale e progetto di natura.

a cura di Dott. Maurizio
Borri

M. Borri, ‘Lizori bottega d’arte umanistica’

La Fondazione Homo Novus, in qualità di Fondazione umanistica volta al miglioramento dell’umano in senso lato, promuove e partecipa ad eventi relativi ad aspetti correlati con l’esistenza e sicuramente il rapporto uomo animale è un interessante riferimento verso gli animali domestici da compagnia.

Di recente è stata costituita  la Fondazione Frida’s Friends la prima Fondazione interamente coinvolta nella divulgazione e pratica della pet therapy, dalla precedente Associazione omologa.

Grazie alla collaborazione tra le due fondazioni lunedi 24 sera si è tenuto un seminario dal titolo: Relazione uomo – animale e progetto di natura.  Al seminario hanno partecipato il Presidente della Fondazione Frida’s Friends Dott. Marco Colombo e la Dott.sa Tiziana Gori che da circa 25 anni promuove la pet-therapy in Italia, e si occupa dei relativi progetti di divulgazione. 

Per la Fondazione Homo Novus erano presenti il Presidente ing. G.F. Grassi e il Vice Presidente Dott. Maurizio Borri. Il video relativo all’intero evento è disponibile sul sito della Fondazione Homo Novus. 

Iniziamo con una sintesi relativa alla PET- Therapy, di Marco Colombo Presidente Fondazione Frida’s Friends,  per proseguire poi con la relazione Uomo, animale e progetto di natura.

Il termine PET-Therapy, coniato nel 1964 dallo psichiatra infantile Boris M. Levinson, si riferisce all’impiego degli animali da compagnia per curare specifiche malattie. In Italia, questo termine è stato recentemente sostituito con quello più appropriato di interventi assistiti con gli animali (IAA), che consente di distinguere tra diverse tipologie di approcci, a seconda che prevalga la componente cosiddetta ludico-ricreativa (attività assistita con gli animali, AAA), quella educativa (educazione assistita con gli animali, EAA) o quella terapeutica (terapia assistite con gli animali, TAA). (n.d.r fonte wikipedia)

La Fondazione Frida’s Friends ha ribadito l’importanza per l’uomo della compagnia di un animale, per  affrontare più facilmente la solitudine. I nostri amici pelosi, affettuosi e festosi riempiono le nostre giornate di buon umore e riescono ad alleviare lo stress accumulato soprattutto in questo lungo e tormentato anno caratterizzato dal Civid 19. Si chiama Pet Therapy locuzione anglosassone che sta per ‘terapia dell’animale domestico’, viene utilizzata per la cura dolce o di appoggio verso i vari disturbi dovuti a stress, solitudine o del comportamento in quanto concentra il paziente sull’affetto nei confronti di un animale domestico, in genere un cane, un gatto, un coniglio, oppure un asino o un cavallo. Questi sono i 5 animali omologati per le attività di Pet Therapy dalle linee guida dell’istituto di zooantropologia didattica delle Venezie.

Attualmente i progetti di PET-Therapy sono stati realizzati in ospedali , Rsa, scuole e aeroporti.

È importante essere presenti nelle scuole per educare con valori importanti le nuove generazioni. Il rapporto con forme di vita diverse diventa fondamentale nella crescita dei bambini, dà responsabilità, insegna il giusto approccio verso l’animale e consente di avere la giusta autostima nelle relazioni. Oggi le notizie di cronaca mostrano quanto i valori siano spesso assenti nelle nuove generazioni di giovani, prova ne è le varie violenze gratuite sugli animali, baby gang, pestaggi di gruppo. 

Per quanto concerne la mia esperienza personale, essendo cresciuto circondato sempre da animali da compagnia, ho fermamente creduto nel potere dei nostri amici a quattro zampe e nella connessione fra uomo e natura. Gli animali da compagnia portano un’energia positiva a tutte le persone siano essi paziente o gente comune: quando si entra in casa e si viene accolti da un cane o un gatto, scatta automaticamente una predisposizione emotiva al buon umore il cui effetto porta a mettere da parte tutti le tensioni accumulate durante la giornata. Durante questo periodo pandemico è incrementata in maniera sostanziale la vendita di ansiolitici. Siamo tutti a conoscenza che  nei mesi di lockdown i più piccini hanno subito psicologicamente lo stress da solitudine essendo stati privati delle loro abitudini quotidiane, come l’andare a scuola, il giocare con gli amici o andare al parco o al cinema. Tutte dinamiche improvvisamente venute meno che hanno causato grandi momenti di destabilizzazione emotiva. Questa purtroppo è la fotografia della realtà post covid. Volendo fare un focus su quanto successo in questo ultimo anno di pandemia, abbiamo dati che confermano quanto i casi di stress e ansia siano cresciuti a dismisura. Un esempio, nel reparto pediatrico psichiatrico degli spedali civili di Brescia dove siamo presenti con un progetto, nell’ultimo anno i pazienti sono aumentati del 450%. 

Molti anziani soli hanno paura del “nuovo mondo” , non riescono a dormire di notte, vivono perennemente in ansia. Tutte queste situazioni ci portano a dire con fermezza che i vari progetti di Pet Therapy potrebbero e “dovrebbero” essere presenti nei principali ospedali d’Italia, scuole. Addirittura avevamo presentato già lo scorso settembre un progetto nostro a Regione Lombardia per portare la pet therapy a domicilio. Dedicata alle persone sole e/o ai bimbi disabili che col covid hanno perso qualsiasi tipo di assistenza sanitaria. Siamo in attesa di reperire i fondi. Tutto questo nostro “esserci” è determinato dal fatto che come è stato dimostrato scientificamente nei nostri 10 anni di progetti realizzati, dove c’è ansia, stress, difficoltà di relazione umana, ricerca della propria autostima la Pet Therapy ha sempre potuto essere un valido supporto. Fino a diventare una soluzione definitiva in molti casi. Logicamente una terapia con NESSUNA controindicazione.

Tecnicamente gli I.A.A sono delle interazioni spontanee tra l’animale terapista e il paziente. Quindi tramite queste interazioni naturali è possibile stabilire un contatto, aprire una porta a livello psicologico nella mente del paziente e poter iniziare la terapia vera e propria da parte dell’equipe medica che collabora con l’animale terapista. Possiamo affermare che specialmente per i casi di autismo, difficoltà di relazioni, stress, ansia e vittime del bullismo l’animale terapista diventa un “catalizzatore” in grado di connettere i pazienti con il medico, una connessione che spesso proprio per le particolarità psicologiche diventa difficile o impossibile. L’animale riporta ad una dimensione più umana, più naturale. Riesce a trasmettere serenità e sicurezza . Questa è una spiegazione tecnica di come la connessione astratta dell’energia conosciuta come EMPATIA diventa importante e fondamentale negli interventi di Terapia Assistita con Animali.

L’uomo per natura biologica e antropologica è parte della natura; è connesso alle dinamiche e alle energie del mondo che ci circonda e ci ospita da sempre. La natura e gli animali fanno parte in qualche modo del nostro “dna”. Abbiamo bisogno di quella energia e di quella visione. È scientificamente provato che passeggiare in un bosco “verde” abbassa il nostro livello di cortisolo, così come accarezzare il pelo caldo e morbido di un cane o un gatto. Un uomo non potrebbe sopravvivere in un mondo senza questi “contatti” o “visioni” . Parlo di “visioni” perché anche solo visivamente guardare un animale da affezione provoca nella psiche umana una diminuzione dello stress. Un aumento della serotonina. 

Ecco che grazie a questo legame energetico antropologico tra uomo e Natura in senso lato, gli I.A.A o semplicemente la Pet Therapy diventano una terapia vincente e curativa in tantissime patologiche psico-fisiche.

 Se cerchiamo soluzioni positive a questo ultimo anno di vita dove la negatività ha regnato sovrana possiamo tranquillamente dire che i nostri progetti sono una soluzione e un aiuto importante. Una soluzione già presente e consolidata, che quindi non va “rodata” ma solo applicata e proposta in modo massivo e professionale.

Fondazione Homo Novus.

Intervento Dott. Maurizio Borri, psicologo, ricercatore e operatore olistico.

Premessa di carattere bio-energetico riguardo il concetto di informazione.

Nell’esistenza tutto è informazione. In natura qualsiasi cosa comunica e questa comunicazione base di ogni cosa è informatica esistenziale, cioè campo di informazione energetica.

Questo significa che ogni specie vivente è una unità informatica, cioè una unità rice-trasmittente specifiche informazioni e sempre costantemente connessa ad un universo informatico che chiamiamo “esistenza”.

Ogni specie vivente fa fede esclusivamente al proprio progetto di natura rappresentato dalla propria identità di forma.

La forma delle varie specie viventi specifica e distingue l’identità di appartenenza. L’identità rappresenta l’informazione che la specie vivente comunica di se stessa all’ambiente circostante. Ad esempio l’identità di un leone comunica cosa significhi per ognuno di noi, l’immagine di un leone.

E’ ovvio che questa comunicazione subisce poi tutto il filtro della cultura, della storia, della razza di appartenenza, del territorio e della religione di cui ogni essere umano fa parte.

In natura ogni animale è autentico in quanto non ha subito la deviazione dal proprio progetto di natura, mentre l’uomo – già dai primi anni di vita –   attraverso l’educazione apprende le molteplici informazioni a carattere socio-culturale  del gruppo di appartenenza. Un bagaglio di nozioni che, progressivamente ed in modo esponenziale, allontanano ognuno di noi dall’identità di se stesso.

Gli effetti più evidenti di questa carenza di identità si riscontrano in una inibizione e quindi modificazione del processo istintivo, prova evidente è il fatto che nessuno di noi possiede più la percezione totale del proprio corpo e questo stato ci impedisce l’uso integrale del proprio corpo. 

Quando un essere umano si adopera in modo parziale, cioè non usa il proprio corpo come strumento totale psico-organico, non può pretendere garanzia di esattezza di percezione, in quanto misurerà tutto il reale che lo contatta sempre in modo approssimativo e parziale.

E’ sufficiente osservare gli animali allo stato libero per renderci conto che hanno mantenuto sia un istinto integrale che una capacità di percezione esatta, il che significa che, in ogni cosa, interagiscono in modo totale.

Da un punto di vista scientifico queste considerazioni trovano ampio riscontro in tutti gli studi fatti dal grande fisiologo russo I.P. Pavlov che dimostrano come un condizionamento esterno possa alterare il rapporto stimolo-risposta, favorendo la nascita di un riflesso condizionato.

Abbiamo fatto la premessa che in natura qualsiasi cosa comunica e che questa comunicazione base è informatica esistenziale, cioè campo di informazione energetica. Quindi la positività della relazione uomo-animale è data dal fatto che viene attivata la  sinergia contemporanea di una informazione di natura, cioè l’animale fa da trade-union o ponte per il passaggio di una informazione bio-energetica.

Questo accade perché sia il corpo dell’animale che il corpo dell’uomo sono sempre connessi e regolati dalle leggi biologiche di natura, quindi entrambi emettono e ricevono informazioni, anche se in maniera diversa.

Sappiamo che le emozioni nascono dall’interazione del proprio corpo con l’ambiente circostante, quindi attraverso la relazione di contatto con l’animale passa questa informazione di carattere chimico-biologico che interagisce con il corpo biologico umano favorendo emozioni positive.

In tal senso la pet-therapy – intesa come terapia di appoggio – grazie ai suoi risultati non fa altro che confermare che evidentemente esiste già a monte una comunicazione base che la natura stabilisce tra le proprie individuazioni e questa comunicazione coinvolge anche l’uomo che però non la rileva in quanto non possiede una percezione integrale del proprio corpo, cioè non si conosce per ciò che è. Soprattutto la zona che va dai genitali coinvolgendo le viscere sino al plesso solare è un altissimo radar di risonanza percettiva corporea.

Purtroppo tutta l’educazione che ogni bambino subisce sin dai primi anni di vita, non fa altro che sviluppare l’aspetto cerebrale (soprattutto la corteccia) a discapito di tutta la capacità percettiva corporea che la natura ci dà in dote. Ecco perché l’uomo – rispetto all’animale – non conosce le potenzialità del proprio corpo e quindi si usa solo in parte.

Il corpo quindi si pone come primo mediatore fenomenologico di ogni realtà afferente e si specifica nella relazione del contatto.

Contatto significa che questa informazione agisce una dinamica bio-percettiva. E’ biologica in quanto è una informazione che si struttura nel corpo come medianicità di intenzione reale, quindi è una realtà universale in quanto si attua esclusivamente sui canali di informazione delle sintesi afferenti degli organismi biopsichici.

Questa è la dimensione di realtà che costantemente siamo sia a livello conscio che inconscio.

La pet-therapy non responsabilizza ma aiuta in modo temporaneo a riequilibrare la normotipia biologica del corpo dell’uomo. Il fatto stesso che l’animale dopo circa 30 minuti si stanchi e necessiti di un nuovo sostituto, dimostra il travaso energetico tra il biologico dell’animale e quello dell’uomo. Esattamente come quando colleghiamo una batteria carica ad una scarica, avviene il passaggio energetico e quella carica cede energia a quella scarica. Essendo un rapporto tra specie biologiche la pet therapy è comunque da preferire a tutte quelle terapie da appoggio che prevedono farmaci antidepressivi e/o ansiolitici.

L’uomo al pari dell’animale nasce potenzialmente perfetto ma possiede un bagaglio neuronale superiore a qualsiasi specie vivente (100.000 milioni di neuroni), il fatto stesso che ne usi solo il 20% dovrebbe far destare il sospetto che non si adoperi secondo le sue naturali possibilità. L’uso parziale di sé stessi (ambiente interno), implica una conoscenza parziale rel reale mondo della vita (ambiente esterno).

In tal senso conoscere qualcosa significa dare un significato a ciò che è percepito dall’ambiente esterno. Questo significato è molto soggettivo e indica il modo e l’intensità che ognuno di noi possiede nel percepire e quindi conoscere l’altro o le cose o le situazioni.

Un inquinamento della percezione ed un uso parziale di se stessi è già un inizio per un futuro disagio esistenziale che può provocare effetti di natura psicosomatica.

Strumentalizzando il periodo storico che stiamo vivendo, credo sia evidente a tutti noi come sia possibile vivere modificando le proprie abitudini come  adattamento all’interno di un condizionamento sociale di massa. Il disagio psicologico che tutto questo comporta è stato evidenziato dalla più avanzata ricerca psicologica che ci dice che la maggioranza delle persone non si conosce per ciò è, quindi né sa usare il proprio potenziale di intelligenza, né sa gestire i propri istinti. Quando un essere umano non conosce le proprie potenzialità significa che è inconscio a se stesso. La realtà dell’inconscio è un fatto che provoca una dinamica che anticipa e gestisce tutte le nostre aspettative razionali. Da una attenta analisi la prova è data dai risultati pratici ottenuti, che non sono mai uguali a quelli previsti nella premessa. In natura qualsiasi rapporto è basato sulla massima resa, cioè la natura è economica e senza sprechi, mentre l’agire dell’essere umano appare quasi sempre dispendioso rispetto al fine. Questo dispendio energetico provoca quasi sempre frustrazione e malattia.     

Lo stato di salute in natura è la norma comune. La salute è innata ed è indice di coincidenza con il proprio naturale progetto di esistere. In natura tutti gli animali sono sani in quanto conformi all’identità del proprio progetto, solo l’essere umano appare contraddittorio e ciò è dovuto al fatto che ogni scelta non conforme al proprio progetto, risulta “contro-natura” e quindi determina angoscia, sofferenza e malattia.

Unica via di uscita è arrivare a conoscere il proprio progetto di natura e da qui riorganizzare la propria esistenza in modo conforme cioè porre le basi per una esistenza felice e realizzata attraverso l’autorealizzazione creativa.

Fondazione Homo Novus.

Intevento Gian Franco Grassi, consulente e psicologo aziendale

Tutta la ricerca antropologica ci informa sul fatto che l’uomo è dotato di qualità psichiche che lo rendono superiore rispetto a qualsiasi animale.

All’interno di qualsiasi processo informatico il più organizzato organizza il meno, quindi all’interno di una interazione uomo animale, è facile che quest’ultimo divenga dipendente soprattutto se preso cucciolo. Ogni specie vivente è sempre connessa ad un universo informatico che chiamiamo natura. All’interno di questa rice – trasmittenza, ogni specie animale possiede canali preferenziali di omeostasi. La FHN può intervenire nella relazione uomo-animale grazie ad avanzate conoscenze di psicologia quantistica e oltre, che permettono di migliorare la qualità della relazione. Intervenendo direttamente sul fattore umano si vuole ripristinare la qualità del rapporto, evitare la dipendenza patologica ma soprattutto fornire strumenti di conoscenza che siano sempre operativi nel rispetto della reciproca natura anche se differenziata per funzione. Poter favorire una relazione gratificante nel rispetto della natura dell’animale è una forma di pedagogia funzionale per l’uomo, quindi aiuta a sviluppare le qualità che da questa interazione possono emergere.

L’uomo al pari di ogni specie vivente, è connesso ad una informazione base che regola le leggi dell’ordine universale del cosmo. Ma l’uomo differisce dall’animale per la qualità delle funzioni rappresentate dall’intelletto, dalla volontà, dalla trascendenza, dall’intuizione, dalla capacità di sognare, dalla capacità mentale dell’astrazione, dal linguaggio e soprattutto per la funzione riflessiva della coscienza.

La funzione crea l’organo

Parlando di teoria dell’evoluzione, si pensa subito a Darwin, non tutti sanno che è quella maggiormente conosciuta tra le  diverse teorie esistenti, ma non è la spiegazione unica del fenomeno “evoluzione”. Il primo infatti ad aver formulato una teoria evoluzionistica coerente e completa è stato  Lamarck, pubblicata nel 1809, anno in cui nasceva Darwin.  La teoria di Lamarck si basa su un principio base – la funzione crea l’organo – per il quale la variazione degli organismi è dovuta all’azione dell’ambiente tramite l’uso e il non uso degli organi. Secondo Lamarck, cioè, non sono gli organi che hanno dato luogo alle abitudini e alle facoltà particolari degli animali ma, al contrario, sono le sue abitudini e la sua maniera di vivere che hanno, col tempo, costituito lo stato dei suoi organi. Esempio tipico il collo spropositato delle giraffe che è l’effetto di un sforzo – durato per molte generazioni – di brucare foglie sempre più alte. Quindi gli sforzi fatti abitualmente, attraverso certe parti di un corpo vivente, per soddisfare dei bisogni richiesti dalla natura o dalle circostanze, estendono queste parti e fanno loro acquisire delle dimensioni e una forma che altrimenti non avrebbero mai ottenuto. A seconda dell’utilizzo che si fa di un organo, quindi di come si interagisce con l’ambiente, si modella e si determina anche la sua struttura.

Il principio la funzione crea l’organo può essere visto pensando a quello che succede nel concreto a livello neuronale quando si fissa una abitudine. Pensando e agendo sempre in quel modo, i neuroni coinvolti nella sequenza si irrigidiscono fra di loro, si riducono numericamente le terminazioni nervose dei neuroni coinvolti e, soprattutto, sono tagliate le connessioni con gli altri neuroni circostanti in quanto non utilizzate e questo per un principio di economia energetica. Si crea  un circolo vizioso dove i neuroni coinvolti nella attivazione della abitudine si isolano dagli altri e quindi si attivano continuamente tra loro stessi. Si crea una specie di percorso preferenziale che agisce esattamente come su internet non appena ci colleghiamo ci propone immediatamente situazioni che potrebbero interessarci perché già visualizzate, l’esempio informatico dovrebbe far capire la importanza dei pensieri soprattutto dei pensieri fissi e ricorrenti in quanto preorientano le scelte successive, in fondo il nostro cervello cerebrale è un grande elaboratore e funziona nello stesso modo di un computer.  Esattamente il contrario avviene invece in caso di sensibilizzazione, che indica la forma di apprendimento attraverso la quale è possibile annullare gli effetti dell’abitudine, infatti si danno variazioni delle funzioni neuronali  che sono di segno opposto a quelle dell’abitudine: l’addestramento ad un tipo di stimolo imprevisto o nuovo può produrre un raddoppiamento delle terminazioni sensitive dei neuroni, così come della loro capacità di essere attivi, cioè di liberare neurotrasmettitori. Questo a dimostrazione che la natura di per sé vuole la novità in prima istanza poi subentra la esperienza e quindi il ripetersi di una azione.

Prima di Lamark alcune ipotesi evoluzionistiche furono avanzate da alcuni naturalisti o filosofi fin dall’antichità, a partire da Anassimandro ma generalmente, prima di Lamarck si riteneva che le specie esistessero così come esse erano state create, secondo quanto detto nella Genesi biblica, e che fossero rimaste immutate durante tutta la storia della Terra. Questa teoria è detta fissismo ed ancora oggi essa trova credito presso alcune confessioni di fondamentalisti biblici. In realtà questo evidenzia una non conoscenza delle leggi di natura.

Lamarck fu il primo ad elaborare un vero e proprio modello teorico dell’evoluzione. A partire dalle sue osservazione sugli invertebrati, elaborò l’idea che gli organismi, così come si mostravano in natura, fossero in realtà il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali. Formulò, perciò, l’ipotesi che in tutti gli esseri viventi sia sempre presente una spinta interna al cambiamento che sarebbe prodotta da due forze: la capacità degli organismi di percepire i propri bisogni, e la loro interazione con l’ambiente in funzione di un migliore adattamento. Entrambe possono essere vere se le manteniamo nell’ottica del progetto di natura, concetti di identità, di intenzionalità e di utilitarismo funzionale.

Da un punto di vista biologico, invece, l’avvento dell’epigenetica ha portato alcuni studiosi a rivalutare le teorie di Lamarck, tanto che si è arrivati a parlare di rivincita di Lamarck. Si è infatti osservato come il fenotipo di un individuo non sia solo l’espressione delle informazioni contenute nel DNA, ma sia fortemente influenzato anche dall’ambiente, che può agire sul genoma mediante meccanismi di tipo epigenetico; degli studi condotti evidenziano inoltre la possibilità di trasmettere alla progenie alcune modificazioni epigenetiche, quali quelle causate dalle infezioni virali o dalla nutrizione materna. In generale, comunque, a causa della necessità di chiarire molti aspetti dell’epigenetica, gli studiosi sono cauti nel riabilitare le teorie lamarckiane che comunque sono ritenute non valide al livello macroscopico interessato dal principio dell’uso e del disuso.

Di fatto comunque si tratta di discussioni in quanto rimane il fatto che natura non procedit per saltum e quindi una teoria evoluzionista non può presentare salti, occorre ricondursi al progetto di natura che poi sicuramente è soggetto a variazioni ma sempre all’interno del progetto, pensiamo per es alla nostra generazione post seconda guerra, di colpo l’altezza media è aumentata tanto e questo per un effetto di intenzionalità come sviluppo in altezza segno di benessere, buona nutrizione e condizioni di vita in generale.

Questo è possibile perché, la storia evolutiva dell’uomo e degli animali domestici, cane, gatto, cavallo, asino, bue, coniglio, è stata segnata da costanti  incontri su varie motivazioni comuni e condivise.

Il cane è un predatore come l’uomo, per questa ragione  è stato semplice, inizialmente, aiutarsi nella caccia e averne dei vantaggi reciproci. Anche il gatto è un predatore di piccole prede, che ha trovato nell’uomo un amico, adoperandosi a liberare i granai dai roditori in cambio di ospitalità e affetto.

Pure con il cavallo, l’asino, il coniglio si è istaurato un rapporto, inizialmente su base utilitaristica: l’uomo li ha usati per il lavoro o per il sostentamento ma, con il passare del tempo, hanno acquisito lo status  di compagni che danno un sostegno emotivo.

Il rapporto tra l’uomo e gli animali ha avuto, e in certi casi ha ancora, dei momenti conflittuali e di sfruttamento da parte umana ma, progressivamente, le cose sono cambiate, l’animale non è più un essere inferiore da sfruttare e maltrattare ma un essere vivente con delle peculiarità da conoscere.

Darwin, con la sua teoria sull’origine delle specie, dimostrando la piena continuità tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi e negando l’antropocentrismo ha promosso indirettamente la ricerca scientifica sul comportamento e sulla mente animale. L’uomo, dopo Darwin, non è più al centro del mondo ma è parte di esso, ha diritti e doveri verso gli altri esseri viventi, per cui la mentalità volta allo sfruttamento è cambiata in mentalità collaborativa. Se però ci soffermiamo un attimo al periodo storico dell’ umanesimo rinascimentale si può vedere come invece anche con concezione uomo al centro si possa dare pieno risalto alla evoluzione dell’uomo e dell’ambiente, d’altronde già con Darwin ancora in vita le sue posizioni furono contestate, ma come sempre occorre vedere il buono e quindi anche questa fase è stata utile per un progresso o meglio un recupero perché quando si guarda attentamente si vede che nihil novi sub sole e quanto sembra conquistato oggi in realtà era già molto ben conosciuto nel passato.

Konrad Lorenz, zoologo ed etologo austriaco, considerato il padre della etologia scientifica, definita come ricerca comparata sul comportamento, con i suoi studi su comportamenti innati e su imprinting definito come la fissazione di un istinto innato su un determinato oggetto ha contribuito sicuramente a riavvicinare la attenzione al mondo animale. Al di là di altre considerazioni,, è interessante il concetto di imprinting visto in riferimento al condizionamento che l’ambiente esterno puà creare in un essere umano, nei suoi primi anni di vita.

Ad oggi agli animali viene riconosciuta la dignità di esseri senzienti, capaci di provare  emozioni, di sentire piacere e dolore, di fare cose perché motivati, ossia perché provano piacere. Ciò implica che tra gli esseri umani e gli esseri animali la relazione deve basarsi sulla comprensione delle differenze, sull’accettazione di queste e sulla collaborazione, in pratica di poter ottenere dalla relazione quanto la relazione stessa può dare.

La zooantropologia e  le scienze comportamentali hanno riconosciuto questo principio e hanno offerto all’uomo  strumenti per relazionarsi in modo corretto con gli animali.

Ippocrate settecento anni prima di Cristo consigliava la convivenza con gli animali come supporto per la cura dello stress e dell’insonnia, da allora gli animali hanno sempre avuto un ruolo nella salute dell’uomo, nonostante fossero considerati alla stregua di automi.

Vitruvio indicava quali animali utilizzare per scegliere il luogo dove costruire la casa e su come posizionare le stanze. Famosi sono i cavalli di alcuni grandi condottieri Bucefalo il cavallo di Alessandro Magno e Asturcone il cavallo di Giulio Cesare.

Oggi, finalmente, questo rapporto ha trovato un equilibrio che, in verità, si era perso non certo per colpa dei nostri amici a quattro zampe, almeno da un punto di vista di relazione e di interesse sociale, rimane però da risolvere il rapporto con l’animale, non basta infatti possedere un animale per poterne vivere un rapporto soddisfacente per entrambi e accretivo per l’uomo.

Come ben sappiamo, spesso l’animale domestico viene scelto per compensare una carenza affettiva e quindi il rapporto è già sviato in partenza in quanto si trasferisce sul piccolo animale tutta la frustrazione e carenza che l’umano prova e soffre, viene fatto uno spostamento sia affettivo che di scarico e compensazione.

Questo si evidenzia dal fatto che molte malattie vengono trasmesse dall’umano all’animale, ci sono molti studi e relazioni presentate in Congressi internazionali che confermano questo fenomeno, così come spesso si nota che il cane prende le sembianze del padrone, gli assomiglia addirittura come fisiognomica, oltre che come comportamento.

Vige la regola che il più organizzato prevale sul meno organizzato, ci dimentichiamo che noi umani abbiamo oltre 100.000 milioni di neuroni e che siamo in grado di esercitare intenzionalità che necessariamente va ad influenzare il cane di turno, il gatto è molto più indipendente e quindi meno influenzabile.

Vedevo ieri su FB un filmato di un addestratore di cani che in soli 15 minuti  con la sua presenza e atteggiamento ha cambiato il comportamento di un pitbull che era difficilmente gestibile, abbaiava a tutti i cani e tentava di aggredirli ed era difficile da tenere, dopo soli 15 il cane era tranquillo, altri cani gli passavano vicino e lui non diceva niente, questo è effetto di intenzionalità, nel caso la intenzionalità dell’addestratore, che ha immesso nel cane una altra informazione.

Tutto questo se vogliamo sarebbe già nell’ordine di natura previsto ma siccome sappiamo bene che l’uomo è inconscio a sé stesso, cosa si può fare per ripristinare questo ordine che può solo portare vantaggi, occorre recuperare la coscienza, la sensibilità della esistenza e questo si può fare con volontà e formazione, esercizio continuo per ripristinare quell’ordine che la natura ci ha dato ma che per tanti motivi non abbiamo mantenuto in esercizio e quindi ora ci troviamo carenti, inconsci a noi stessi, ricordiamo che il bene o male si vede solo dai risultati altrimenti sono opinioni. Ricordiamo anche che  lo stile di vita, le abitudini e i modi caratteriali del soggetto determinano dei percorsi prevedibili che strutturano il corpo in senso patologico e che influenzano sia la esistenza individuale, in tutti i sensi e risvolti, sia l’ambiente circostante di riferimento, familiari, affetti, animali, piante  etc.

Vale la pena precisare che si parla di psicosomatica in riferimento a qualsiasi fenomenologia esistenziale causata da una stereotipia, es: malattia psichica, fisica, ma anche sociale come fallimenti finanziari ed economici, e si parla anche di auto sabotaggio, nel senso che ad una attenta indagine si rileva che qualunque effetto si origina in causa dalla posizione del soggetto, ma di questo parleremo una altra volta..

Quindi in conclusione tutto è buono e positivo quello che permette di ottenere risultati a vantaggio, es l’uso della pet therapy, ma come Fondazione umanistica dobbiamo sottolineare la necessità di ripristinare l’ordine di natura che da solo permetterebbe di condurre una esistenza serena e fatta solo di rapporti positivi e questo vuol dire formazione specifica, per aumentare ed addestrare la nostra sensibilità che ci porta ad entrare familiari con la natura e con tutto l’ambiente naturale, con risultati di crescita di buone relazioni e di soddisfazioni. La nuova figura professionale dell’Interdisciplinay Manager che stiamo costruendo, è la risposta alla necessità di aumentare la sensibilità individuale ed è come dice il termine stesso Interdisciplinare cioè così come la psicologia, si pone prima delle competenze specifiche, in quell’alveo che precede l’azione, pensiero – azione, ed il pensiero è azione psichica ma al contempo progettazione, quindi la soluzione a qualunque aspetto si voglia considerare, rapporti con ambiente con animali, piante, con il sociale, con il lavoro etc, è una formazione specifica che permetta di riprendere il contatto con la Natura, che permetta di modificare le abitudini, gli stereotipi e comportamenti non funzionali, in pratica recuperare la coscienza, per poter avere un reale sviluppo e crescita dell’umano, dall’individuale al sociale e quindi all’ambiente circostante.

Interdisciplinary Manager è la effettiva soluzione concreta che possiamo proporre a tutti coloro che vogliono, in quanto la volontà è sempre prioritaria, volli e sempre volli e fortissimamente volli dell’Alfieri. La applicazione della volontà con metodiche che funzionano, con evidenza di risultati da oltre 40 anni, è quello che la Fondazione è in grado di proporre a tutti essendo una forma interdisciplinare che poi ciascuno applicherà nel proprio campo con maggiori risultati ma anche con maggiore soddisfazione in quanto aumenta la consapevolezza, si riduce lo spessore di inconscio e quindi aumenta il potenziale utilizzabile e tutto questo si trasforma in azione riuscita e sviluppo.

Tra le altre cose aumenta la sensibilità di comunicazione anche nei confronti di animali e piante per esempio, e quindi pensando a San Francesco che parlava agli animali, non è affatto strano né difficile ma bisogna ripristinare quel canale di comunicazione naturale che gli animali di per sé hanno mantenuto, l’animale tende  a mantenere una certa integrità e quindi nel caso della pet therapy a contatto con una persona in difficoltà, aiuta il ripristino della unità di natura almeno nel momento di contatto e per l’animale non ci sono pericoli in quanto lui ha come riferimento il suo proprietario istruttore, è una questione di campi intenzionati e la persona in difficoltà si apre all’animale in quanto rappresenta una alternativa neutra di natura, c’è attrazione naturale. Quindi pensiamo a quanto può essere utile il rapporto con un animale, ma anche con le piante, se viene gestito per come previsto da progetto di natura, una forma di reset piacevole e amorevole, si dice in un famoso film, se vuoi un amico prenditi un cane, e sicuramente può essere una forma di aiuto  e sostegno se vissuta nel modo giusto.